Gli anziani ricorderanno un delizioso Carosello degli anni 60 e 70, la pubblicità della TV in bianco e nero. Un poliziotto risolveva un caso criminale nel breve tempo dello spot e il suo aiutante lo complimentava così: Ispettore, lei non sbaglia mai. Il funzionario allora si toglieva il cappello mostrando la calvizie e sospirava: anch’io ho commesso un errore, non ho mai usato la brillantina Linetti! Anche chi scrive ha commesso un errore: incontrando un ex collega, ha chiesto notizie della moglie. Seccato, costui ha risposto di essersi separato. Una brutta figura. La famiglia, come tutto, è diventata “liquida”, provvisoria. Lo stesso conoscente si dispiaceva che la figlia non pensi al matrimonio, ma sia già alla seconda convivenza. La famiglia è stata oggetto, nell’ultimo mezzo secolo, di un vero e proprio bombardamento. Ingegneria sociale, sì, ma distruttiva. Le termiti hanno lavorato perfettamente e l’agonia dell’istituto familiare – matrimonio, maternità e paternità, comunità di generazioni diverse unite dal sangue – è la prova più grande della fase terminale di una civilizzazione al capolinea.
In Italia nel 2018 sono stati
celebrati circa 195 mila matrimoni, un lieve aumento sugli anni precedenti, ma
nel passato erano 300 mila le nozze annue. I divorzi, dopo il picco del 2015 in
coincidenza con il “divorzio breve”, si assestano intorno ai 55 mila, mentre
aumentano le separazioni. I divorziati sono oltre un milione e settecentomila, quadruplicati
in venticinque anni; la percentuale di coniugati sull’intera popolazione è
scesa al 47 per cento, dal 54 per cento del 1991. Il numero di divorziati è quadruplicato. Aumentano
esponenzialmente le libere unioni, difficili da quantificare nella società
liquida. E’ la Caporetto della famiglia naturale, che adesso è obbligatorio chiamare
tradizionale, benché la tradizione sia esaurita da tempo.
La crisi della
famiglia travolge la società, poiché anche il contratto –base dell’idea di
società - perde importanza a favore dell’unione provvisoria, revocabile a
piacimento, estranea alla legge dello Stato. Oggi qui, domani là, io vado e
vivo così, io amo la mia libertà, cantava a cavallo del Sessantotto Patty
Pravo. La libertà significa da allora, tra le altre cose, una sessualità
disordinata, compulsiva, avulsa dai sentimenti, il cui elemento principale è lo
sganciamento dalla procreazione. Il calo delle nascite inizia in tutto
l’Occidente nello stesso periodo, in coincidenza con l’introduzione della
contraccezione farmacologica.
Inutile
formulare prognosi: il destino dei malati terminali è chiaro. Più interessante
è l’anamnesi, la riflessione sulle cause. L’esempio è la Svezia, il paese
nordico una volta luterano che nel corso del XX secolo si è trasformato in
laboratorio di ingegneria sociale per iniziativa della socialdemocrazia, che ha
unito il marxismo “culturale” , in particolare la passione per l’uguaglianza,
il liberalismo libertario individualista e l’inclinazione nordica per la
solitudine.
La
figura chiave fu Olof Palme, capo di governo fautore di un marxismo
individualista, che lanciò una parola d’ordine: indipendenza soggettiva. Nel
manifesto La famiglia del futuro, programmò una nazione di figli che non
dovevano dipendere dai genitori e viceversa, di coniugi distaccati l’uno
dall’altro, di malati che non dovevano aspettarsi nulla dai parenti. Un
paradiso per solitari, eremiti e misantropi, anticipato dalla letteratura da
Arthur Strindberg e dall’angosciante cinema di Ingmar Bergman.
Il
risultato: metà degli svedesi vive in da sola; oltre una donna su quattro
concepisce i figli senza un compagno fisso (non si dica un marito...)
attraverso l’inseminazione artificiale, per evitare relazioni sentimentali,
definite inutili o fastidiose. I cosiddetti “donatori” sono addirittura
convinti di svolgere un benefico ruolo sociale e rinunciano senza porsi domande
al destino e alla responsabilità di padri. Morire nella più completa solitudine
è comunissimo; non pochi versano denaro all’ente preposto per saldare in
anticipo le spese funerarie. Un suicida ha pagato per tempo, da bravo
cittadino, il costo del disturbo arrecato dal suo gesto alle pubbliche
istituzioni. Si vive da soli, si muore nell’indifferenza di tutti, si esce
dalla famiglia (quando c’è) da adolescenti.
E’ la
"teoria dell'individualizzazione" o "indipendenza
individuale" promossa dallo Stato, diventata molto popolare nelle scienze
sociali. Fino a poco tempo fa, molti “esperti” la sostenevano con fervore,
poiché significava l'indebolimento delle strutture sociali tradizionali di
classe, genere, religione e famiglia. Non vi erano più traiettorie di vita
predefinite, ma l’autonoma decisione soggettiva. Quell’ ingegneria sociale
mirava a smantellare gli elementi centrali della famiglia naturale e promuovere
invece nuove forme di convivenza per scelta, sotto l'equivoco ombrello della famiglia
democratica.
Nella
"famiglia democratica" tutte le questioni sono soggette a
negoziazione nel processo decisionale. La famiglia tradizionale, che si basa
sulla divisione per sesso/genere (uomini e donne) e sulla divisione
generazionale (genitori e figli), è stata sostituita dalla "famiglia
negoziata", in cui scompaiono i ruoli preesistenti. Nella famiglia
democratica non ci sono regole su chi dovrebbe fare che cosa, quando e come, a
seconda del genere o della generazione a cui si appartiene. Secondo gli
esperti, autentici sicari della comunità naturale, la famiglia si è trasformata
in un sistema di pura relazione, a cui ogni individuo, privo di dipendenze e
imposizioni, partecipa liberamente come membro a pieno titolo. Nella versione
dell’ottimismo progressista, è uno schema basato sulla democrazia e
l'uguaglianza emotiva e sessuale, caratterizzato da apertura, partecipazione,
reciprocità e vicinanza.
Gli esperti lamentano che dietro questa
trasformazione per loro benefica, e al di là della sua accettazione formale
nella società svedese, persistano i vecchi schemi. Vale a dire, paradossalmente
e fortunatamente, le persone nelle loro decisioni pratiche sembrano
allontanarsi da quel modello sociologico. Forse i popoli alla fine hanno
riflessi di vita. Già prima degli anni Sessanta la Svezia aveva iniziato ad
attuare misure per fornire una maggiore indipendenza alle donne e contrastare
il ruolo della casalinga, con un'enfasi fortissima sui diritti individuali,
l'autonomia e l'uguaglianza di genere. Tuttavia, le madri erano ancora viste
come insostituibili nell'educazione dei figli. La figura maschile come supporto
economico rimase invariata. La promozione (imposizione) del principio di
autonomia individuale non si è fermata, ma si è estesa anche ai bambini
Alla fine degli
anni Sessanta il discorso sulle "pari opportunità" tra uomini e donne
divenne un processo normativo. Ciò ha significato un cambiamento cruciale,
poiché il progetto socialdemocratico ha cambiato direzione e soggetto: dalla
lotta contro la disuguaglianza di classe è passato alla lotta contro la
disuguaglianza di genere. Furono commissionate un gran numero di indagini
governative sul problema della famiglia e delle pari opportunità. Nel 1965 fu
istituito il Comitato per la politica familiare, quattro anni dopo venne insediata
la Commissione di esperti per la famiglia Negli anni Settanta esistevano ben 74
commissioni dedicate all'analisi di famiglia e genere. Queste commissioni
pubblicarono nel 1972 un rapporto congiunto la cui conclusione era la necessità
di promuovere "una società in cui ogni individuo adulto può assumersi la
responsabilità per se stesso senza dipendere dai suoi familiari e in cui
l'uguaglianza tra uomini e donne è una realtà". L’uguaglianza di genere diventava
anche autonomia individuale: dal collettivismo economico al soggettivismo liberal.
Da allora, le
riforme legislative svedesi si sono susseguite a ritmo sostenuto, tutte volte a
garantire autonomia e indipendenza finanziaria, nonché a promuovere la
responsabilità individuale dei coniugi. Nel 1971 è stata istituita la
tassazione separata nel matrimonio: una bomba a orologeria che porta all’ineguaglianza
tributaria contro la famiglia con figli, scoraggia la madre dal restare a casa
e, di fatto, spinge a non sposarsi. Nel 1974 è stato facilitato il processo di divorzio,
abolendo la questione della colpa; nel 1975 l'aborto è diventato gratuito,
eliminando la limitazione a determinati presupposti e situazioni; nel 1976 la
convivenza è stata legalmente riconosciuta come equivalente al matrimonio.
Tutte queste
riforme, aggiunte agli aiuti pubblici agli asili nido, l’attenzione statale ai
bambini, il congedo di paternità e l'orario ridotto, hanno trasformato il
matrimonio, in termini legali, nell'unione provvisoria di due individui
completamente indipendenti. Nel 1982 la legislazione fu modificata in modo che ogni
lite domestica diventasse questione di diritto penale. Nel 1993 fu creata la
Commissione sulla violenza contro le donne, a comprova che il paradiso
socialdemocratico, istaurato dal primo Novecento, non era affatto tale. Il
lavoro della commissione ha portato nel 1998 a un incremento delle ipotesi di
reato e un inasprimento delle pene. Nel testo si legge che “la base e il
prerequisito per l'emergere della violenza da parte degli uomini contro le
donne è la struttura della società basata sul dominio degli uomini e la
subordinazione delle donne.” Poiché la Svezia continua a essere ai vertici
delle statistiche negative in materia, evidentemente il problema non è stato
risolto neppure dalla sua ideologizzazione.
La promozione del
principio di autonomia individuale non si è fermata, estendendosi ai bambini.
Già nel 1972 era stata istituita una commissione il cui scopo era mostrare che
"la società non può accettare che la violenza fisica sia usata contro i
bambini come mezzo di educazione o punizione", il che ha portato nel 1979
al divieto delle punizioni corporali e al loro inserimento nel codice penale
nel 1982. Da allora, l'assistenza
pubblica ai bambini è concepita in Svezia come un mezzo per affrontare la
disuguaglianza sociale e fornire ai minori un ambiente sociale e pedagogico migliore,
affermando che la partecipazione dello Stato alla cura dei bambini riduce i
"vincoli strutturali" sulle loro scelte future. Di conseguenza, è
stata stabilita l'idea che non è bene per un bambino trascorrere troppo tempo
con i genitori. L'assistenza pubblica all’infanzia è vista come una
"risorsa d'amore": attraverso l'amore e la cura del pubblico potere,
i bambini devono diventare indipendenti dai loro genitori.
In tal modo,
l'autonomia individuale e la famiglia democratica non hanno solo separato le
donne dagli uomini, ma anche i figli dai genitori. Come ha affermato la
Commissione per la proibizione delle pene corporali del 1978, "il processo
decisionale indipendente e la responsabilità volontaria sono requisiti
fondamentali per mantenere l'ordine sociale democratico". Tutte le utopie
nascono per fondare la società perfetta, dal tempo di Platone ai giorni nostri.
L’esito è generalmente infausto, come lo sfacelo attuale, chiamato liberazione,
emancipazione, autonomia. Nel caso svedese, assordante è stato il silenzio
della chiesa luterana e della monarchia, istituzione che dovrebbe essere il
simbolo visibile della continuità familiare e nazionale.
Lo Stato
svedese ha realizzato un enorme processo di ingegneria sociale che, sulla base
di idee maturate attorno al 1920, ha preso la sua forma definitiva nel 1969
attraverso riforme legislative che sono state intensificate negli anni '70 e
consolidate negli anni '80 e 90. Per più di mezzo secolo, la Svezia ha
legiferato e creato istituzioni sociali per sostenere l'autonomia individuale,
l'uguaglianza di genere, la responsabilità condivisa per i bambini, la cosiddetta
genitorialità attiva, la cittadinanza per i minori, la libertà di fronte alla
violenza e l ’“autorità negoziata”.
Tuttavia,
mentre l'accettazione formale di queste riforme da parte della società svedese
può sembrare inequivocabile, le scelte individuali mostrano la persistenza dei vecchi
costumi. Che fossero davvero “naturali”, come asseriscono gli ultimi
reazionari? Secondo le statistiche, di cui in Scandinavia vi è il culto, esiste
ancora una marcata disuguaglianza di genere nella divisione del lavoro e delle
responsabilità familiari. I ruoli tradizionali sussistono nonostante i sudditi
godano di una libertà individuale assoluta garantita dallo Stato. La Svezia è
uno dei paesi con i più alti tassi di divorzi, partecipazione femminile alla
forza lavoro, migliori guadagni per le donne rispetto a uomini, coppie di fatto
e nascite fuori dal matrimonio. Eppure, volontariamente, molti uomini e donne sembrano
tornare ad organizzarsi secondo vecchi ruoli e le loro preferenze individuali,
nella scelta della professione o del mestiere, esprimono una netta distinzione
tra i sessi.
Per i soliti esperti
– vil razza dannata - questo paradosso non è frutto delle scelte libere e
volontarie dei “soggetti “. Fedeli all'idea della tabula rasa, secondo cui il sesso/ genere è un costrutto sociale,
affermano che la negoziazione familiare continua ad essere asimmetrica perché
mediata dall'ambiente e dal genere predeterminato (dalla natura). A loro avviso,
questo nasconderebbe lo spettro della violenza maschile. La resistenza al nuovo
sarebbe una conseguenza della riproduzione e dell'adattamento delle norme
familiari preesistenti alle nuove circostanze. Se la cantano e se la suonano;
se la realtà dà loro torto, al diavolo la realtà: la soluzione è somministrare
dosi più massicce della terapia fallita.
Insomma,
nonostante lo Stato garantisca non solo l'indipendenza materiale, ma finanche
quella emotiva; sia stata avocata al potere l’educazione dei bambini, riducendo
il più possibile l'influenza dei genitori; siano incoraggiati fortemente non
solo modelli di matrimonio alternativi, ma la famiglia monoparentale e la
maternità surrogata à la carte, con sovvenzioni
per l'inseminazione artificiale, la natura cacciata dalla porta rientra dalla
finestra.
Se tutte le
barriere, gli ostacoli, le dipendenze e le discriminazioni sono stati eliminati
attraverso un'ingegneria sociale intensiva di oltre mezzo secolo, come è
possibile che molti insistano nell'organizzarsi in modo contrario alle linee
guida dello Stato? Niente lega più gli individui, niente li obbliga o li costringe.
Eppure non sembrano disponibili a tanta felicità. La comica spiegazione dei
soliti esperti è di avere sottostimato le condizioni strutturali e i loro
effetti sulle scelte personali. Esisterebbe una forza invisibile che sottomette
le persone, portandole a decidere – stavolta davvero – in autonomia, in modo
diverso dal previsto.
Questa forza
invisibile non è oscura e malvagia, si chiama legge naturale ed è l'espressione
spontanea della condizione umana attraverso le decisioni di milioni di persone.
Il dramma è che gli ingegneri sociali non sembrano disposti ad affrontare il fallimento. Al contrario, sono determinati a raddoppiare
il bombardamento sulla casa in frantumi.