domenica 24 gennaio 2021

TODINO

Todino
Io sono un gatto curioso, mi chiamo Todino , o meglio i miei umani mi hanno battezzato con questo nome da Samurai a cui si adicevano appellativi guerreschi: Toda il terribile, Toda l’ardito, Toda l’impalatore... nome poi trasformato in diminutivo, Todino, appunto, figlio di Papà Todone, il grosso gatto soriano con le fedine da padrino, rispettato da tutta la comunità felina del quartiere e i cui cromosomi sono riconoscibili nella sua genealogia. Con mio fratello , detto il Bianchino, sono nato a Valleggia nella casa di nonno Giovanni, da Gatta Minina... un giorno di inverno mia mamma salì dalla scaletta nel giardino fino su in casa del nonno e, siccome era molto affamata, condivise con lui sette fette di polenta, poi catturò uno dei topini che sfuggivano alle trappole e lo portò al suo umano per fargli vedere che il suo dovere lo sapeva fare. 

Mio fratello ed io eravamo i figli della prima cucciolata, gli umani seguirono la nostra nascita e le cure dispensateci da mamma gatta; ci piaceva esplorare il mondo, usciti dalla cuccia , infilandoci negli scarponi del nonno come campo base per arrampicarci sul tavolo, dove ci venivano poi distribuiti i croccantini con ampie manciate. Mamma gatta ci diede anche lezioni di caccia , catturandoci un topino mezzo tramortito con cui cominciammo a giocare e ad esercitarci. In seguito abbattemmo passerotti, pettirossi, persino un canarino caduto sul terrazzo, e sterminammo intere famiglie di gechi. Quando eravamo chiusi in casa e vedevamo una preda da dietro i vetri, cominciavamo a far fremere il labbro e le vibrisse , preda dell’antico istinto felino. 

Col tempo io ingrassai alquanto e facevo fatica a passare dalla


gattaiola in cui si infilava al volo mio fratello. Concedevamo ai nostri umani molta confidenza , permettendo loro di farci dormire nel loro letto, loro gradivano molto il sommesso vibrare delle nostre fusa e quando non stavano bene solevano volentieri “applicare un gatto caldo” sulle parti acciaccate. Per la verità erano un po’ pigri e quindi li svegliavamo di notte per mangiare o per farci aprire la porta sul balcone , da cui poi stavamo di vedetta. Per la verità ogni porta chiusa era per noi una sfida, anche se poi magari non ci interessava realmente andare nell’altra stanza. Credo che apprezzassero molto quando ci facevamo le unghie nei divani o quando raspavamo sui vetri o sugli specchi, così pure quando li aiutavamo nel cambio stagionale degli armadi , infilandoci negli sportelli e nei cassetti, dopo aver tirato via ogni cosa con le unghiette. Quando nonno fu malato e poi molto anziano uno di noi due dormiva con lui sotto le coperte con la testa appoggiata al cuscino, dandogli conforto, calore e tenerezza. Poi fummo condotti a casa di suo figlio, dove tuttora risiediamo, mentre la mamma morbida e tenera come un visone fu messa a presidiare l’altro nonno consuocero. Recentemente abbiamo scoperto la neve, bianca e fredda sui cui abbiamo fatto esplorazioni con le zampettine che sprofondavano nella soffice coltre bianca sul terrazzo. Certe volte ci mettono nel trasportino per portarci dalla veterinaria, dove stiamo rannicchiati e miagoliamo disperati visto le esperienze non sempre piacevoli nello studio della dottoressa. Credo che, in fin dei conti ci stiamo affezionando ai nostri umani , e concediamo loro parecchia confidenza , anche se sono d’accordo con la comunità felina che è importante mantenere la nostra autonomia per non farli soffrire quando sentiranno la nostra mancanza , se decidiamo di andarcene per la nostra strada o di consumare tutte e 9 le nostre vite... a loro, in fondo , di vita ne resta una soltanto, per questo li coccoliamo anche se non sanno fare le fusa come noi. E comunque abbiamo deciso di vegliare su di loro , come spiriti guida, anche quando saremo nel paradiso dei gatti....